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Uno dei meriti di Sant'Agostino di Ippona (354-430), patrono di Conselve insieme a S. Lorenzo, è quello di aver dato dignità alla musica agli occhi della Chiesa. Lui stesso ci dice nelle Confessioni di aver iniziato ad apprezzare la musica, in particolare il canto liturgico, ascoltando sua madre Monica cantare nella chiesa di Milano. Da quel momento, per lui, l'ascolto, la riflessione sulle strutture ritmiche del verso e del canto, alle quali dedicherà un intero trattato, il De musica, non possono essere separate dal profondo rapporto con la madre e con la fede. Musica, fede e storia si intrecciano, creando una fitta trama di corrispondenze: la musica accompagna Agostino come lui, tutti noi) sin dal grembo materno, dove è il cuore della madre a scandire ritmicamente il tempo. La musica contribuisce poi ad innescare in lui le prime scintille della sua conversione al Cristianesimo.
Infine, le pagine dedicate alla morte di Santa Monica, nelle Confessioni, sono attraversate dal tema della musica e del silenzio, musica interiore. Ma musica è anche gioia ed estasi della preghiera a voce spiegata, come aveva imparato ad apprezzare nella basilica di Milano, ascoltando i fedeli che si facevano coraggio a vicenda, mentre temevano che l'impe La riflessione sulla musica ci apre la via dell'ineffabile. La musica, secondo Agostino, ha in sé una duplice natura e riveste, misteriosamente, il ruolo di mediatrice di contenuti che la ragione non può afferrare: il fedele che canta le parole della fede, gode in cuor suo di quelle verità cui altrimenti non potrebbe
attingere. La musica e il canto per Agostino sono dunque una forma di partecipazione alle parole eterne, pronunciate da Dio, che non sono assoggettate al passare del tempo. Essa mostra così il suo volto contraddittorio: espone la verità dell'eterno, pur essendo legata a doppio filo allo scorrere del tempo e alla sua scansione nel ritmo. Finito ed infinito, eternità e tempo misurabile in essa convivono. Enigma irrisolvibile. Se non se ne può venire a capo con la ragione, non resta quindi che aggrapparsi agli affetti del cuore, perché la vera musica è la musica dell'anima,
non del corpo, e nasce dal silenzio della meditazione: 2Io non riuscivo a saziarmi di mirabile dolcezza alla considerazione della profondità dei tuoi ordinamenti circa la salvezza del genere umano. Quante volte una pungente commozione mi strappò il pianto tra gli inni e i cantici, mentre la tua chiesa risonava dolcemente delle voci dei fedeli! Voci che fluivano nelle mie orecchie, mentre la verità si discioglieva nel mio cuore: vampate di pii affetti se ne sprigionavano, e le lagrime cadevano, cadevano: e il pianto mi era dolce e salutare».Alessandro P.